Berlino, Germania (Weltexpress). Che tra i regni di Thailandia e Cambogia sia in corso una piccola guerra con grandi scontri, dovrebbe essere ormai noto anche in Germania. È possibile che la guerra si plachi dopo pochi giorni, come quella tra lo Stato di Israele, sostenuto dagli Stati Uniti, e la Repubblica Islamica dell’Iran, definita “guerra dei dodici giorni”. Ma la guerra di confine non dura giorni, settimane o mesi, bensì anni. La guerra di confine è lunga.
Non sono centinaia o migliaia le persone in fuga, ma decine di migliaia. A queste si aggiungono decine di migliaia di sfollati, per non parlare dei morti e dei feriti. Che anche questo conflitto abbia la sua origine nelle azioni dei colonizzatori è ovvio per gli esperti e i critici. Naturalmente i confini sono stati tracciati sui tavoli da gioco da signori stranieri, non dai rappresentanti dei popoli che vivevano in Siam (fino al 1939), dove il Siam non aveva confini nel senso classico del termine, ma una grande influenza che diminuiva ai margini. E prima che il Siam diventasse ciò che era, questi spazi di potere e dominio erano determinati dalle rispettive città e prendevano il nome da queste. Chi non conosce la storia è come una foglia caduta nel vento del presente.
Dal Siam sono stati creati i regni di Thailandia e Cambogia. Di solito, gli Stati artificiali creati sul tavolo da disegno non mantengono ciò che i loro creatori avevano promesso. Mentre i thailandesi o siamesi e altri popoli come i laotiani nel regno di Thailandia preferivano un vassallaggio e gli Stati Uniti come signori, molti khmer diventarono rossi e combatterono come i viet rossi e gli hoha prima contro i colonizzatori dell’impero franco occidentale allargato e della Repubblica francese, poi contro gli invasori e gli occupanti degli Stati Uniti. Molti popoli, molte guerre, molte forze.
Che “le vere forze motrici … si trovino all’interno” dei due regni, lo scrive Hans-Ueli Läppli sotto il titolo “La guerra di confine dimenticata tra Thailandia e Cambogia” in “RT DE” (25.7.2025). Egli scrive: “In Thailandia, il primo ministro Paetongtarn Shinawatra è stato messo in difficoltà dopo che una telefonata trapelata ha scatenato proteste e scosso la sua coalizione. Il conflitto viene utilizzato come manovra diversiva di matrice patriottica. In Cambogia, il primo ministro Hun Manet sta cercando di consolidare l’unità nazionale attraverso la crisi. Questo modello, in cui i civili vengono sacrificati per interessi di potere politico, è purtroppo fin troppo comune in situazioni di crisi”.
I due regni sono con i piedi d’argilla. Se ciò che vacilla cadrà e ciò che cade sarà rovesciato, lo vedremo e lo sentiremo.
È possibile che si tratti di qualcosa di più di una “guerra di dodici giorni”, ma anche di qualcosa di meno. Come sempre, saranno i signori stranieri a decidere, soprattutto quelli di Washington e Pechino, che però lottano per il predominio anche a Bangkok. La bilancia pende a favore dei cinesi Han. Il gruppo dei cittadini del Regno di Thailandia che sono cinesi Han cresce e cresce e cresce. Il gruppo di origine cinese Han è stimato tra il 20 e il 40 per cento. Tendenza: in aumento.