
Berlino, Germania (Weltexpress). La fine di un mandato in una delle più antiche e grandi organizzazioni umane è necessariamente un evento. Ma qual è il bilancio del papa chiamato Francesco? Per rispondere, è necessario dare uno sguardo più ampio al mondo.
Ciò che rimane più impresso nella memoria è spesso casuale e frutto di un’interpretazione spontanea piuttosto che di una fredda analisi. Per me, in riferimento al defunto Papa Francesco, si tratta di un unico momento nel gennaio 2014, poche settimane prima del colpo di Stato di Maidan in Ucraina: due colombe bianche liberate da una finestra del Vaticano in segno di pace, immediatamente attaccate da un corvo e un gabbiano.
Eppure la percezione simbolica è persistente. La sensazione inquietante rimane anche quando, a un esame più attento, si scopre che non esiste un unico video continuo in cui si vedono il rilascio e l’attacco in sequenza, ma solo il momento del rilascio e poi le fotografie dell’attacco. L’intera storia potrebbe quindi essere una falsificazione, e il suo simbolismo è anche compromesso dal fatto che già l’anno precedente, quando il precedente papa Benedetto XVI aveva liberato dei piccioni in occasione della tradizionale marcia per la pace dei giovani italiani, c’era stato un attacco da parte di un gabbiano.
Il fatto che immagini di questo tipo appaiano ha molto a che fare con il mix di razionalità e irrazionalità che caratterizza il papato. Spesso si trascura infatti che esso ha un lato profondamente razionale: il compito più importante di ogni titolare di questa carica è quello di mantenere in vita e, se possibile, rafforzare l’organizzazione che presiede, è per così dire l’amministratore delegato della “Cattolicismo S.p.A.” – che, tra l’altro, è il modello giuridico delle persone giuridiche e, come ogni grande organizzazione umana, teatro di aspre lotte interne.
Francesco, al secolo Jorge Mario Bergoglio, nato il 17 dicembre 1936 a Buenos Aires, figlio di un immigrato italiano fuggito dal fascismo, è stato il primo papa non europeo dopo il siriano Gregorio III (731-741). Questo fatto evidenzia il primo problema che ha dovuto affrontare: il fatto che ci sono molti più cattolici al di fuori dell’Occidente che al suo interno. Dei 1,39 miliardi di membri che la Chiesa cattolica conta in tutto il mondo, nel 2023 285,6 milioni vivevano in Europa, 74,3 milioni negli Stati Uniti e 10,8 milioni in Canada. Insieme sono 370 milioni, ovvero meno del 27% dei fedeli nel mondo. E il numero dei fedeli in Occidente è in calo.
Ciò significa naturalmente che un’organizzazione così grande non può rimanere estranea alle questioni geopolitiche e deve, già per puro interesse proprio, allontanarsi dalla Roma europea e orientarsi verso i paesi del Sud del mondo. Ciò è già emerso dall’elezione di Francesco, ma è stato rafforzato anche dalla nomina da parte sua di 163 cardinali, di cui 107 hanno meno di 80 anni e quindi avranno diritto di voto nel prossimo conclave; si tratta di una chiara maggioranza in un’assemblea che sarà composta da 140 membri. 70 di questi cardinali provengono dai paesi del Sud del mondo; ma poiché anche Benedetto XVI ha nominato una serie di cardinali che hanno ancora diritto di voto e provengono, ad esempio, dalle Filippine, dalla Nigeria o dal Brasile, sarebbe molto improbabile che un successore metta in discussione questo orientamento globale.
Come è normale in strutture così grandi, questo cambiamento avrà effetti solo con un certo ritardo. Ma se si sovrappongono le attuali linee di frattura geopolitiche alla distribuzione dei fedeli cattolici, in futuro saranno i paesi del BRICS a dominare e non più l’Occidente collettivo. Se si considera quindi il cambiamento che Francesco ha operato in questo campo come compito del CEO della Catholicism GmbH, lo ha svolto bene.
Ma naturalmente c’è dell’altro. Ad esempio, gli scandali finanziari emersi già negli anni ’80 in relazione alla famigerata loggia segreta P2 in Italia, ma che non sono mai stati realmente risolti. Sono stati scoperti, tra l’altro, contatti finanziari tra il Vaticano e la mafia, e in relazione al brevissimo pontificato di Giovanni Paolo I nel 1978, persiste la voce che egli sia stato vittima proprio di questi intrighi o, piuttosto, dei suoi sforzi per chiarirli.
Ora, la politica finanziaria del Vaticano è tutt’altro che trasparente, ma ci sono comunque segnali che indicano che Francesco abbia cercato di fare un po’ di chiarezza in questo ambito. Lo stesso vale per gli scandali di pedofilia che affliggono la Chiesa da oltre 20 anni, a partire dal 2001 a Boston, negli Stati Uniti, e che sono direttamente collegati alla controversia sul celibato, che Francesco non ha toccato, ma solo declassato a rango dogmatico.
Tuttavia, anche la parte razionale è più complessa di quanto sembri a prima vista. Con il nome papale di Francesco, il gesuita Bergoglio ha segnalato che vedeva nell’ordine francescano rivale un alleato; ma entrambi sono da decenni in aspra inimicizia con un altro ordine che in precedenza, nella figura dei papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, aveva dominato il Vaticano, l’Opus Dei. Questo ordine, fondato da un amico di Franco, ha stretto patti in America Latina con tutti i dittatori più famigerati ed è stato in un certo senso il partner di cooperazione della CIA all’interno della Chiesa (cosa che l’ideologia woke potrebbe aver reso più difficile negli ultimi anni). In ogni caso, la repressione dell’Opus Dei è stata uno dei punti focali del regno di Francesco, anche se questo è emerso solo in modo frammentario all’esterno.
Sotto molti aspetti, si noterà che Francesco era diviso tra due fuochi, anche se spesso, come nel caso del “cambiamento climatico” o del coronavirus, ha seguito rigorosamente la narrativa ufficiale. Per quanto riguarda l’Ucraina e Gaza, nelle sue dichiarazioni si è schierato dalla parte della pace, ma in un modo o nell’altro tutti saranno insoddisfatti di lui. I liberali lo hanno accusato di definire l’omosessualità un peccato e di essere contrario all’aborto, i conservatori lo hanno ritenuto troppo indulgente proprio sull’omosessualità e hanno condannato i suoi tentativi di riconciliazione con le altre religioni del mondo.
Spesso emerge una visione puramente occidentale e l’aspettativa che una persona in una posizione del genere debba seguire in modo chiaramente riconoscibile le proprie opinioni. E proprio in Europa la Chiesa cattolica è spesso rifiutata perché si è allontanata troppo dalle convinzioni della società, in particolare per quanto riguarda la sessualità.
Ciò da un lato ignora il fatto che i fedeli dei bassifondi di Manila non sono meno importanti di quelli di Colonia, e che il compito del pastore supremo è quello di tenere insieme la baracca, per cui non sarebbe molto utile rendere felici i fedeli di Colonia, perdendo però in cambio gran parte della propria reputazione in Africa o in Asia.
Anche il fatto che le diocesi più ricche del mondo si trovino in Germania (attualmente è Paderborn) non cambia nulla se l’obiettivo fondamentale è garantire la sopravvivenza dell’intera organizzazione. Si tratta di un dato strutturale.
Ma c’è un altro punto che rende comprensibile il motivo per cui Francesco, pur avendo concluso qualche compromesso con il mainstream occidentale, non lo ha mai ripreso: è la funzione sociale che istituzioni come le chiese dovrebbero effettivamente svolgere. Come controesempio dissuasivo si può prendere il Consiglio etico tedesco, che non fa altro che trovare una giustificazione apparentemente morale per tutto ciò che viene fatto comunque.
In caso di totale accordo, l’utilità della contraddizione viene meno. È possibile che ci siano persone che trovano soddisfazione in una religione che non fa altro che confermare loro che ciò che fanno e credono è giusto e buono. Ma tali esigenze sono soddisfatte anche dalla pubblicità televisiva e, per casi più complessi, esistono complici disponibili come il Consiglio etico. Ma indipendentemente dalla decisione personale che si prende su una questione concreta, tale decisione è possibile solo se non esiste solo il mainstream della pubblicità televisiva.
Anzi, è necessario rafforzare il muscolo morale, una sfida, un’immagine dell’uomo che si aspetti qualcosa di più della semplice soddisfazione dell’ego. A tal fine, dato il modo in cui funziona il pensiero umano, non è nemmeno fondamentale che ogni argomento sia moderno o vero. Niente è più improduttivo delle conversazioni con persone che la pensano allo stesso modo, e niente è più fruttuoso di un interlocutore che contraddice con buoni argomenti. Anche se non si seguono le pretese di trascendenza, una Chiesa che giustifica solo l’esistente è inutile. Ecco perché tutta la storia della Chiesa è una lotta costante tra adattamento e sfida, in cui Francesco d’Assisi rappresenta la sfida, così come Ignazio di Loyola, entrambi finiti per un pelo sul rogo.
No, non vorrei avere questo lavoro, tenere insieme più di un miliardo di persone, tredici ordini maschili, cinquantatre femminili e otto misti in un periodo di sconvolgimenti politici ed economici. E quando si vede quanto sia forte il ruolo del CEO della Katholizismus GmbH rispetto al possibile cambiamento ideologico o addirittura allo spazio per seguire le proprie convinzioni politiche personali, non lo si vorrebbe proprio. Ci si rallegra già per piccoli gioielli come quelli contenuti in una breve citazione dall’enciclica Dilexit nos: «Invece di cercare soddisfazioni superficiali e fingere di essere ciò che non siamo, è meglio porsi domande importanti: Chi sono veramente, cosa cerco, quale senso voglio dare alla mia vita, alle mie decisioni o alle mie azioni; perché e per cosa sono al mondo, come voglio valutare la mia vita quando giungerà al termine, quale senso voglio dare a tutto ciò che vivo, chi voglio essere davanti agli altri, chi sono davanti a Dio. Queste domande mi conducono al mio cuore”.
No, considerando tutte le condizioni, ha fatto bene il suo lavoro. Nonostante tutti i compromessi con il mainstream occidentale, non ha mai rinunciato alla questione sociale e ha lentamente e con perseveranza orientato l’intera grande nave verso il Sud del mondo. Anche questa è una forma di decolonizzazione e una forma sottile di democrazia in un apparato secolare e non democratico. Sono i primi passi per poter superare un cambiamento molto più grande, che nell’ultima grande transizione al capitalismo è riuscito solo con grandi difficoltà. Ha mantenuto alta la bandiera della pace, cosa non facile quando tutto l’Occidente collettivo brama la guerra. Forse allora il corvo e il gabbiano gli hanno rivelato quanto sarebbe stato difficile.
Ci si può aspettare di più? Non in un momento di tale incertezza. E il fatto che abbia aperto la porta a una sorta di BRICS in tonaca potrebbe rivelarsi sufficiente per farlo entrare nella lista dei papi più saggi e per garantire che il suo bilancio sia positivo non solo nei confronti della Catholicism GmbH, ma anche nei confronti dell’umanità.