Berlino, Germania (Weltexpress). Con la rielezione di Giuseppe Grillo, fondatore del Movimento Cinque Stelle (M5S) nel 2009, il partito ha dato l’addio al suo guru, sotto il quale i “grillini” hanno vissuto in una palese contraddizione politica per un decennio e mezzo, scrive Hartmut Heine, redattore del bollettino “Aus Soge um Italien” con Marcella Heine nel numero di dicembre pubblicato online. 1Nato da molte iniziative locali contro la corruzione e i peccati ambientali locali, voleva distinguersi da tutti i partiti convenzionali e citava come costitutiva la “partecipazione dal basso”, secondo la quale “tutti dovrebbero essere uguali” nel movimento, ma Grillo si ergeva al di sopra di tutto come un “guardiano”, nel gergo dei 5 stelle l’“esaltato” (“Elevat”), e difendeva i “valori” per i quali il “movimento” si era impegnato dalla sua (!) intuizione superiore. Grillo si differenzia da Gesù per un aspetto non trascurabile: è un uomo ricco. Il suo patrimonio attuale è stimato in 185 milioni di dollari, che ha investito principalmente in ville in Italia, Svizzera e persino in Africa. Deve il suo status speciale nella politica italiana al fatto di non essersi mai immerso completamente nelle sue profondità. Tra queste c’è anche una tragedia di cui è stato il principale responsabile a 33 anni: nel dicembre 1981, ignorando per negligenza le indicazioni di ghiaccio nero sulle montagne piemontesi, perse il controllo della sua auto appena acquistata e condusse tre passeggeri alla morte, dopo essere uscito lui stesso all’ultimo momento.
I confini del leader di culto erano fluidi, come quando scatenò una campagna sul suo blog contro i giornalisti delle principali testate di sinistra liberale, invitandoli implicitamente a leggere solo il suo blog. Per trasformare il suo Movimento 5 Stelle in un campione della “democrazia diretta”, Grillo si è alleato con l’imprenditore del PC Gianroberto Casaleggio, la cui utopia era una democrazia globale in cui tutto sarebbe stato deciso premendo un pulsante senza i numerosi intermediari della democrazia rappresentativa. Era un misto di fede nella tecnologia ed esoterismo, con il cittadino globale individualizzato come soggetto, che affascinava i suoi giovani seguaci. Il Movimento 5 Stelle doveva diventare il campo di addestramento su cui sperimentare questa democrazia diretta. Ci sono voluti alcuni anni per capire che i vecchi problemi della democrazia diretta stavano tornando anche attraverso la porta di servizio digitale: Chi stabilisce le regole, chi formula i quesiti, chi interpreta i risultati.
La seconda idea con cui Grillo ha infestato il “movimento” è stata la sua localizzazione nel dato spettro politico italiano. “Né di destra né di sinistra” era la direttiva ‘progressista’, anche se inizialmente la differenza non era chiara. Tuttavia, è apparso subito chiaro che riguardava il rapporto con il Partito Democratico (PD): più i suoi risultati elettorali miglioravano, più rifiutava risolutamente le offerte di alleanze che provenivano da questo schieramento. Questa politica ha raggiunto il suo apice dopo le elezioni nazionali del 2018, in cui i 5Stelle sono stati i grandi vincitori a sorpresa e hanno immediatamente unito le forze con la Lega di Salvini come junior partner per un governo di coalizione guidato dal “movimento”.
Tuttavia, è stato Salvini, non il “Movimento”, a trarre i maggiori benefici da questa alleanza: è diventato Ministro dell’Interno e in questo ruolo ha fatto ciò che stava preparando da anni con una spietata campagna propagandistica contro “l’invasione di spacciatori e stupratori” dall’Africa: si è messo in scena come salvatore della patria bloccando i porti e ha avuto successo con l’elettorato.
L’arbitrarietà di sinistra che Grillo aveva prescritto per il suo movimento è emersa per la seconda volta quando Salvini ha creduto di poter imporre nuove elezioni un anno dopo aver vinto con ampio margine le elezioni europee, che sperava avrebbero portato a una sorta di autocrazia. Quando ha cancellato la coalizione con i 5SB, il “movimento” ha mostrato un’agilità che nemmeno Salvini aveva messo in conto: con la stessa nonchalance con cui aveva stretto l’alleanza con Salvini, ora ha scelto il PD, l’opposto politico, come nuovo partner di coalizione. Nell’analizzare la sua avventura Salvini ha sostituito l’analisi con l’indignazione: Salvini era un “traditore” che andava punito.
Il conflitto di Grillo con Conte
Alla fine è stato Giuseppe Conte, l’autoproclamato “avvocato del popolo”, una tabula rasa nel movimento e nell’opinione pubblica, a diventare l’avversario di Grillo. Conte deve la sua ascesa alla vittoria elettorale dei “grillini” nel 2018, che hanno avuto la maggioranza relativa in entrambe le camere per quattro anni e che hanno dovuto evocare un primo ministro in un tandem tra Di Maio e Salvini e, a quanto pare, sono caduti su Conte piuttosto per caso. Ha potuto consolidare la sua posizione quando è riuscito a far passare in Parlamento il progetto “Reddito di cittadinanza” all’inizio del 2019, che ha introdotto una sorta di sicurezza di base per le classi socialmente più deboli – soprattutto al Sud – e quando ha guidato l’Italia con relativo successo attraverso gli orrori della pandemia negli anni successivi, anche se non sono mancate le resistenze e i ciarlatani nel Paese che credeva nei miracoli. Il fallimentare “tradimento” di Salvini nel 2019 non ha portato i 5Stelle in acque più tranquille, tanto più che la speranza del PD di poter ora attingere a un partner di alleanza “strutturale” nei 5Stelle si è rivelata un’illusione: Matteo Renzi ha lasciato il PD con un piccolo gruppo di parlamentari all’inizio del 2021, privando il governo di centrosinistra della sua maggioranza parlamentare. Conte si è visto defraudato della vittoria elettorale del 2018 per la seconda volta e – apparentemente a malincuore, visto che ci sono state molte dimissioni dai 5SB – ha aderito alla coalizione nazionale di Draghi con il PD, la Lega e Forza Italia di Berlusconi.
La lotta per il potere
La lotta per il potere tra Grillo e Conte è iniziata nell’estate del 2021. Negli anni precedenti, in cui Conte aveva agito come una sorta di amministratore delegato del “movimento”, il suo sostegno tra gli attivisti era aumentato, mentre il ruolo di Grillo cominciava a essere visto in modo più critico, soprattutto sulla questione del terzo mandato, che Grillo voleva abolire a tutti i costi – in quanto per lui era una questione di identità. La disputa cominciò a inasprirsi per la prima volta: Entrambi si accusarono di voler dominare il movimento. Grillo disse che Conte non era in grado di organizzare né di innovare, e Conte, che aveva guadagnato consensi all’interno del movimento, si dichiarò disponibile a guidare solo se il ruolo di Grillo fosse stato “meglio definito”, cioè ridotto. Temendo un’ulteriore spaccatura, alla fine del 2021 è stato raggiunto un compromesso finale: Conte è diventato “presidente” del partito, mentre Grillo ha rinunciato ad alcuni dei poteri legati al suo ruolo di “garante”. Tuttavia, il partito di Grillo ha commesso un errore non del tutto indifferente per la sua reputazione: Grillo si è fatto rimborsare 300.000 euro dal movimento come rimborso spese per i problemi passati.
Il compromesso è durato tre anni, poi il conflitto è scoppiato di nuovo. Gli attivisti continuavano a litigare con il tabù di Grillo sul terzo mandato e mettevano sempre più in discussione il concetto di democrazia che vi stava dietro. In estate, Conte ha lanciato il guanto di sfida: la totalità degli iscritti avrebbe dovuto decidere la questione in una “assemblea costituente” da lui convocata. Allo stesso tempo, ha rotto un altro tabù: il movimento ha davvero bisogno di un “garante” che si erga al di sopra di tutto come un “esaltato”? Non siamo tutti uguali e non dovremmo sottolinearlo votando insieme?
Allo stesso tempo, i 5SB sono scesi nuovamente nei favori degli elettori. Alla clamorosa vittoria del 2018 (32,7%) è seguito un crollo al 17,1% nelle elezioni europee del 2019 e al 15,6% nelle elezioni nazionali del 2022, con gli strateghi dei 5SB che si sono concentrati su un confronto in particolare: quello con il PD, la “concorrenza di sinistra”, che già nel 2018 sembrava aver spinto i 5SB verso la marginalità. Tuttavia, con una nuova leadership (Elly Schlein), il PD non solo è riuscito a rigenerarsi, ma anche a trasformare il deficit nei confronti del 5SB in un netto vantaggio.
Problemi con la politica del fronte unito
A mettere in difficoltà il 5SB, che lottava per la propria indipendenza, è stata la politica del fronte unito del PD contro la destra: se il 5SB accetta le offerte di alleanza, ottiene successi comuni (come si è visto nelle elezioni regionali), ma alla fine è il PD a guadagnarci. Ciò che quindi determina il rapporto dei 5SB con il PD è il loro sforzo di cercare ripetutamente punti di forza unici, oltre ad accettare occasionalmente le offerte di alleanza – sono stati i 5SB a prendere l’iniziativa di rovesciare Draghi nel 2020 contro la volontà del PD (motivo presunto: la costruzione di un impianto di incenerimento dei rifiuti a Roma). Ma ora è la questione della pace. A parte Salvini, la cui Lega è diventata un’aperta ausiliaria di Putin, i 5SB di Conte sono diventati l’unico partito italiano a fare campagna per la pace in Ucraina senza forniture di armi. Quando gli si chiede quale impatto avrebbe sulla permanenza dell’Ucraina, nasconde la testa sotto la sabbia, ben sapendo che in questo modo sostiene la propria capitolazione. 2
Il Movimento 5 Stelle si è separato da Grillo, il che è anche un’opportunità per il partito, soprattutto perché si è anche liberato dalle catene di due mandati. Ma non si è ancora liberato dell’altra eredità di Grillo, soprattutto della sua ricerca quasi patologica di particolarità. Potrebbe perpetuare l’egemonia della destra.
Note:
1 L’articolo, che in alcune affermazioni ignora fatti importanti – come il fatto che Grillo non ha mai messo in discussione il sistema capitalistico – fornisce comunque un’interessante panoramica del ruolo del M5S nel periodo in questione.
2 Qui diventa chiaro che l’autore è dietro la guerra guidata dalla NATO e dall’UE contro la Russia in Ucraina.