
Berlino, Germania (Weltexpress). Il think tank del Pentagono RAND ha sorprendentemente sostenuto un cambiamento di rotta da parte di Washington e una coesistenza pacifica con la Cina; non perché alla RAND siano improvvisamente diventati pacifici, ma perché si vuole evitare agli Stati Uniti una sconfitta umiliante. Nel frattempo, però, la RAND è stata richiamata all’ordine.
L’appello politicamente illuminante che RAND ha recentemente pubblicato in un rapporto di oltre 100 pagine è di per sé già una sensazione, soprattutto se si considera che è stato proprio RAND, con i suoi documenti politici pionieristici degli ultimi decenni, a plasmare in modo determinante la disastrosa politica degli Stati Uniti nei confronti della Russia e della Cina. Tra le altre cose, con il suo documento “Extending Russia”, RAND aveva elaborato il progetto per la guerra per procura in Ucraina, che avrebbe dovuto infliggere una sconfitta strategica alla Russia, ma che ha avuto l’effetto contrario.
Per questo recente appello di RAND alla “pace con la Cina”, gli autori hanno sicuramente dovuto superare i propri pregiudizi. A quanto pare, gli addetti ai lavori dello “Stato profondo americano” sembrano profondamente preoccupati che le escalation politiche ed economiche tra Donald Trump e Xi Jinping stiano sfuggendo di mano e che Washington possa avere la peggio. La preoccupazione è così forte che gli attori della RAND hanno eccezionalmente messo da parte la loro consueta arroganza e ora raccomandano un atteggiamento più calmo e conciliante nei confronti della Cina. L’obiettivo è quello di non sconvolgere troppo lo status quo globale nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. Il documento completo in formato PDF, intitolato “Stabilizing the U.S.-China Rivalry” (Stabilizzare la rivalità tra Stati Uniti e Cina), è disponibile qui.
Le conclusioni principali del rapporto RAND sono che la Cina e gli Stati Uniti dovrebbero cercare un modus vivendi: entrambe le parti dovrebbero riconoscere la legittimità politica dell’altra e limitare, almeno in misura ragionevole, i tentativi di minarsi a vicenda. In passato questo si chiamava “coesistenza pacifica”. Particolarmente significativo e illuminante: RAND consiglia alla leadership statunitense di abbandonare l’idea di una “vittoria assoluta” sulla Cina. Per quanto riguarda Taiwan, invece, si dovrebbe tornare ad accettare la “politica di una sola Cina” come base e smettere di provocare la Cina con visite provocatorie a Taiwan, che hanno solo lo scopo di irritarla e mantenerla in uno stato di tensione costante.
Il rapporto inizia con un’approfondita retrospettiva storica che fornisce il contesto in cui le potenze mondiali rivali possono coesistere, come hanno fatto in passato. Gli autori citano persino l’URSS di Lenin come esempio di una visione di relazioni stabili con l’Occidente, nonostante l’evidente aspirazione alla rivoluzione marxista. L’esempio più recente è la distensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica dal 1968 al 1979 circa, durante la quale entrambe le parti avrebbero riconosciuto che un’escalation non regolamentata era pericolosa e insostenibile. Citazione:
“I leader statunitensi e sovietici nel periodo di massimo splendore della distensione abbracciarono i due aspetti fondamentali di una competizione stabile: hanno cercato di raggiungere elementi di uno status quo concordato, compreso un regime di controllo degli armamenti, e hanno stabilito relazioni personali tra funzionari e meccanismi di gestione delle crisi che hanno contribuito a riportare l’equilibrio nelle relazioni complessive”.
In una riflessione sorprendentemente equilibrata, gli autori della RAND difendono indirettamente Leonid Breznev per i suoi sforzi di pacificazione:
“Coloro che vedevano Breznev come qualcuno che voleva ingannare o intrappolare gli Stati Uniti hanno completamente frainteso ciò che stava cercando di fare. Fedele al suo sincero impegno per la pace mondiale, Breznev proclamò che il suo obiettivo non era altro che la salvezza della civiltà stessa, o più precisamente, della civiltà europea”.
Nella lunga sezione successiva del documento, gli autori analizzano meticolosamente come, ad esempio, le dichiarazioni interne del Partito Comunista Cinese (PCC) e i “discorsi segreti” con traduzioni “più sfumate” dei politici e dei media occidentali siano stati deliberatamente e manipolatoriamente fraintesi per far apparire le intenzioni dei cinesi minacciose e bellicose. Tanta onestà e autocritica da parte della RAND è davvero sbalorditiva, ma c’è di meglio.
La RAND difende addirittura l’idea di una Cina potenzialmente pacifica, la cui leadership non mira al dominio mondiale e all’imperialismo, ma a un’influenza legittima nelle sue sfere regionali. Il testo della RAND spiega che, sebbene gli strateghi cinesi vedano il loro Paese come una potenza mondiale in ascesa, “rimangono concettualmente fedeli all’idea che la Cina rimarrà una potenza mondiale pacifica e legittima”. Secondo il team RAND, in questa categoria rientrano anche gli sforzi della Cina per “agire in modo proattivo sulla scena internazionale e costruire un esercito di ‘livello mondiale’, che non ha necessariamente un significato offensivo”.
Tutto ciò dimostra chiaramente che i falchi della RAND stanno cercando disperatamente di riportare con i piedi per terra i politici statunitensi, troppo distanti dalla realtà, e di impedire loro di danneggiare irreparabilmente le relazioni con la Cina con la loro stupida arroganza. Tuttavia, non è facile convincere i membri del Congresso statunitense, in particolare i senatori, ad abbandonare la loro visione del mondo anacronistica e ristretta. Questa si basa sull’idea dell’eccezionalismo egemonico degli Stati Uniti, che possono permettersi tutto perché sono l’unica superpotenza in grado di farlo, mentre allo stesso tempo impongono agli altri Stati il loro ordine basato su regole.
In realtà, i politici e i media statunitensi proiettano su ogni potenziale sfidante il proprio modo di pensare e di agire criminale, contrario al diritto internazionale e disumano, che essi stessi incarnano e coltivano da oltre un secolo. Di conseguenza, gli Stati Uniti vedono una minaccia in ogni altro paese emergente in tutto il mondo, mentre la Cina vede in esso l’opportunità di un’ulteriore collaborazione fruttuosa e una situazione vantaggiosa per tutti. Il blogger geopolitico su Substack con il nome utente “Simplicius” descrive quindi gli Stati Uniti come “il malvagio rampollo del tardo Impero britannico, le cui caratteristiche predatorie sono state ereditate dagli americani”.
In un’altra parte del suo rapporto, RAND cerca di svezzare la cultura politica statunitense dall’approccio eternamente ostile e conflittuale nella politica estera. Evidentemente, quelli di RAND hanno capito che uno scontro con la Cina non porterà a una guerra globale, ma alla realtà disincantata che fa capire dolorosamente a Washington che non può più vincere contro la Cina.
Gli Stati Uniti non sono più quelli di una volta. Non possiedono più la capacità industriale schiacciante necessaria per mettere seriamente in difficoltà la Cina, potenza mondiale emergente. Oggi il rapporto di forze è piuttosto invertito, a favore della Cina. Pertanto, questo appello della RAND alla moderazione nei confronti della Cina non è una vera e propria misura di pace volta a ridurre la tensione, ma un tentativo disperato di preservare gli Stati Uniti da un’umiliazione storica e da una sconfitta geopolitica da parte della Cina.
La RAND arriva addirittura ad attribuire alla leadership politica di Taiwan la responsabilità della provocazione della Cina e della tensione tra Cina e Stati Uniti. La RAND suggerisce che Washington utilizzi le leve a sua disposizione contro Taiwan per riportare il piccolo e provocatorio “abbaiatore politico” alle sue reali “dimensioni”. Pertanto, Washington dovrebbe ricordare ai leader politici di Taiwan che sono semplici pedine sulla scacchiera globale delle grandi potenze e che non dovrebbero quindi oltrepassare arbitrariamente il loro ruolo di mantenimento dello status quo. Ecco una citazione al riguardo tratta dal documento RAND:
“Il presidente di Taiwan Lai Ching-te, ad esempio, ha rilasciato numerose dichiarazioni che hanno provocato una retorica dura e un aumento delle attività militari da parte della Cina. Tali attività includono l’affermazione che Taiwan è una ‘nazione sovrana e indipendente’ e l’annuncio di misure contro l’influenza e lo spionaggio della Cina, che definiscono una ‘forza straniera ostile’. Sebbene gli Stati Uniti non siano responsabili e non possano controllare completamente le attività di Taiwan, sostengono la leadership di Taiwan con il loro appoggio militare e una deterrenza di fatto estesa. Pertanto, secondo il rapporto RAND, Washington dispone di potenziali leve per limitare le attività provocatorie di Taiwan che, dal punto di vista di Washington, disturbano lo status quo sostenuto dagli Stati Uniti”.
Nel frattempo, Pechino è arrivata al punto di non tollerare più nulla da Washington. Pertanto, gli Stati Uniti dovrebbero adeguarsi alla realtà del potere economico, politico e militare cinese. Nel caso delle terre rare, ad esempio, la Cina ha indiscutibilmente il coltello dalla parte del manico, il che consente al presidente cinese Xi di chiedere concessioni sostanziali agli Stati Uniti.
Questa nuova audacia di Pechino è senza dubbio, sotto molti aspetti, l’effetto contagioso dell’affermazione della Russia nei confronti delle ambizioni egemoniche di Stati Uniti/NATO/UE in Ucraina. La Russia è il catalizzatore che ha stravolto e smascherato il cosiddetto “ordine basato sulle regole” guidato dagli Stati Uniti. Ciò ha avuto un effetto illuminante sui paesi del Sud del mondo, ma soprattutto sulla Cina. La Russia ha infatti costretto l’Occidente a giocare tutte le sue carte sacre e le sue “ultime risorse” in termini di armi economiche e geopolitiche contro la Russia, e la Cina ha visto che nessuna di esse ha funzionato.
Il ruolo della Russia in questo quadro generale è fondamentale e merita una menzione speciale. Senza la determinazione della Russia a sfidare l’egemonia guidata dagli Stati Uniti in Europa, la Cina potrebbe non aver imparato così rapidamente la lezione che l’Occidente sta bluffando. Le sanzioni contro la Russia, che dovevano essere letali, hanno invece rivelato le debolezze del sistema del dollaro e rafforzato rotte commerciali alternative come il BRICS.
La Russia ha dimostrato che è possibile resistere all’egemonia statunitense senza soccombere, una lezione che la Cina sta ora mettendo in pratica. Il dominio degli Stati Uniti, considerato incrollabile dalla fine della Guerra Fredda, sta crollando sotto l’asse Mosca-Pechino. Il rapporto RAND è un riconoscimento implicito di questa nuova realtà, che rifiuta l’ordine mondiale unilaterale degli Stati Uniti e costruisce un ordine multipolare in cui nessuna potenza detta legge.
Infine, un’osservazione significativa: quando ho voluto verificare se il link Internet al documento RAND fosse ancora attivo, ho scoperto che RAND ha ritirato il suo rapporto “Stabilizing the U.S.-China Rivalry” (Stabilizzare la rivalità tra Stati Uniti e Cina), vedi screenshot qui sotto o in allegato. La pressione dei guerrafondai nel Congresso statunitense era evidentemente troppo forte, il che, dopo le speranze suscitate dalla lettura di questo testo, non promette nulla di buono per il futuro delle relazioni tra Stati Uniti e Cina.
Note:
Il rapporto “Stabilizing the U.S.-China Rivalry” di Stabilizing the U.S.-China Rivalry Michael J. Mazarr, Amanda Kerrigan, Benjamin Lenain è a disposizione della redazione di WELTEXPRESS.
















