L’imprenditore italiano della difesa Leonardo – un factotum dell’industria della difesa europea

La sede centrale di Leonardo a Roma. Foto: Carlo Dani, CC BY-SA 4.0

Berlino, Germania (Weltexpress). Il 21 dicembre 2024, la rivista comunista “Contropiano” ha pubblicato sul suo portale online un articolo sul ruolo della più grande azienda italiana di armamenti “Leonardo” nella produzione bellica europea. Questo colosso degli armamenti, poco conosciuto, è nato dalla Fabrica Italiano Automobile Torino (FIAT), che era di fatto la più grande azienda di armamenti in Italia. Il suo attuale proprietario, John Elkann, membro della famiglia fondatrice Agnelli, controlla la holding olandese Exor, un cartello di armamenti che comprende le olandesi-britanniche Case e New Holland (CNH), in qualità di CEO con partecipazioni azionarie. Questa a sua volta ha una partecipazione in Leonardo, il cui capo per molti anni è stato l’attuale ministro della Difesa del governo fascista Meloni, Guido Crosetto, e allo stesso tempo è il principale fornitore dell’esercito italiano attraverso FIAT Iveco Defence, con i veicoli blindati “Centauro II”, tra le altre cose. Exor detiene anche una partecipazione nel produttore di limousine di lusso Rolls Royce, che fornisce motori Rolls Royce per circa il 25% di tutti gli aerei militari del mondo. Tra questi, 56 motori “EJ 200” ordinati dall’aeronautica militare tedesca per i suoi Eurofighter. La marina sudcoreana riceverà le turbine Rolls Royce MT 30 per la terza serie di fregate della classe Ulsan. Il Regno Unito riceve da Rolls Royce il nuovo e avanzato reattore nucleare ad acqua pressurizzata “PWR-3” per la prossima generazione di sottomarini offensivi.

Il 15 dicembre 2024, l’amministratore delegato di Leonardo, ex ministro del governo 2021/22 di Mario Draghi, Roberto Cingolani, ha spiegato in un’intervista a “La Repubblica di Roma che in tempi di guerra più o meno dichiarata è necessario dare voce ai produttori di armi per legittimare le loro azioni nell’opinione pubblica. Va ricordato che Elkan è il proprietario di uno dei più importanti gruppi mediatici italiani “Gruppo Editoriale SpA” (Gedi), che comprende dodici quotidiani, otto periodici, quattro stazioni radio e 23 pubblicazioni digitali, tra cui l’influente “La Stampa” di Torino, “IlSècolo XIX”, ma anche stazioni radiofoniche come “Radio Dee Jay” e “Radio Capital”.

Secondo “Contropiano”, il quadro delineato da Cingolani prevede che Leonardo assuma sempre più il ruolo di pilastro dell’armamento europeo, insomma il ruolo che una potenza pienamente imperialista vorrebbe assumere, nell’orizzonte di un ruolo più attivo di Bruxelles nella competizione globale e della sua proiezione su scenari di tensione nel mondo.

Il conflitto in Ucraina ha segnato una svolta in questa direzione, in quanto ha rotto lo stallo, ancora dinamico e non privo di conflitti, che aveva caratterizzato i rapporti tra le grandi potenze fino a pochi anni fa. “Multidominio interoperabile” è la definizione che il direttore dell’azienda ha dato all’approccio di sicurezza globale onnicomprensivo che il colosso italiano vuole perseguire.

Ciò significa fare la propria parte in un modello integrato, sempre più adeguato alle esigenze belliche, in cui sviluppo bellico, sicurezza informatica, energia e autonomia alimentare vanno di pari passo.

In quest’ultimo caso, l’UE, che non dispone di grandi risorse, sta collaborando con i Paesi africani e con la più ampia regione mediterranea, dal Sahel al Golfo Persico, attraverso accordi.

Nei primi punti, invece, Leonardo vuole essere la punta di diamante di una comunità europea che, secondo Cingolani, deve affrontare al più presto i soliti problemi di frammentazione delle politiche e delle filiere.

Anche per questo il colosso di Piazza Monte Grappa (sede di Leonardo) vuole diventare “un’azienda sempre più internazionale e interconnessa, il cui prodotto centrale sarà la sicurezza globale”, ha sottolineato la rivista comunista.

L’ex ministro italiano ha fatto alcuni esempi che rendono tutto più chiaro: Se “l’esigenza attuale è quella di garantire la comunicazione di tutte le piattaforme”, allora oltre agli aerei e agli elicotteri, ci sono i servizi spaziali e satellitari che assicurano la comunicazione, gli strumenti elettronici e i supercomputer per lo sviluppo digitale e la cybersecurity.

Ma secondo Cingolani, la protezione dei dati informatici vale anche in tempo di pace, perché i satelliti consentono anche grandi salti di qualità nelle applicazioni civili, come l’agricoltura di precisione e la climatologia. “Abbiamo costruito una tecnologia che funziona in tutti i settori, sulla terra, nel cielo e nello spazio, nel mare e nel continuum digitale”, ha detto Cingolani.

Se vogliamo dirla in un altro modo, forse meno dispensabile per i media mainstream, Leonardo ha creato una serie di dipartimenti di lavoro che hanno un impatto globale su ciascuno dei settori fondamentali della vita civile e militare dell’UE, mettendoli in sinergia per rispondere alle strategie target di Bruxelles.

Secondo Cingolani, l’accordo con Rheinmetall per un nuovo carro armato è “la prima chiara dimostrazione che è possibile creare uno spazio europeo della difesa a livello industriale”.

Il Panther tedesco e il Digital italiano saranno uniti per creare un nuovo mezzo in grado di competere sui campi di battaglia del futuro, almeno come immaginato dopo l’esperienza ucraina.

C’è poi una frase che dice ancora una volta che lo sviluppo tecnologico è tutt’altro che neutrale. A proposito della mancanza delle competenze necessarie, Cingolani spiega: “Quando lavoravo nella scienza, assumevo ricercatori dalla Cina o dall’Iran: non si può fare con la tecnologia di Leonardo per motivi di sicurezza”, perché viene usata per fare la guerra proprio a questi Paesi.

Per quanto riguarda i cieli, Cingolani ammette che sono rimasti indietro nei droni, anche se mettono a disposizione le capacità digitali di Leonardo in programmi di collaborazione con altri produttori. Poi c’è il convertiplano AW 609 (un ibrido tra aereo ed elicottero).

Oggi solo l’americana Bell e Piazza Monte Grappa dispongono di questo tipo di tecnologia, mentre il prototipo italiano dovrebbe essere presto certificato come veicolo civile. “Poi valuteremo le missioni militari”, aggiunge Cingolani.

Ma il vero fiore all’occhiello nel settore aereo sarà il Global Combat Air Programme (GCAP). Si tratta di un caccia stealth di sesta generazione che sarà invisibile ai radar e permetterà di controllare a distanza una flotta di droni senza pilota: una “portaerei nel cielo”, ha detto Cingolani.

Una settimana fa è stata firmata la joint venture tra l’italiana Leonardo, la britannica BAE Systems e la giapponese Mitsubishi, esprimendo la volontà di sostenere una struttura euro-atlantica (estesa al Giappone) per i velivoli che sostituiranno le flotte dei Paesi coinvolti a partire dal 2035.

Il costo previsto per lo sviluppo dei droni e del software che dovrà gestire lo sciame di apparecchi si aggira intorno ai 100 miliardi di euro, motivo per cui Cingolani vedrebbe di buon occhio l’ingresso dei sauditi nel progetto: “Vogliono creare un’industria aeronautica” che possa legarsi al programma GCAP e metterli al centro del grande mercato del Medio Oriente”, e hanno molti soldi da spendere.

C’è anche la concorrenza del FCAS, un consorzio composto da Francia, Germania e Spagna, per sviluppare un caccia con caratteristiche simili al GCAP. Ma secondo l’amministratore delegato italiano, gli altri alleati europei sono in ritardo rispetto alla nuova joint venture con Leonardo e, inoltre, come è stato detto qualche tempo fa, i due programmi non sono necessariamente in contrasto tra loro nella realtà.

Infine, l’industria spaziale, e i servizi satellitari in particolare, hanno potenziali applicazioni “dalla difesa alla geologia, dall’agricoltura alla geolocalizzazione”. Per questo settore, Cingolani auspica una maggiore apertura verso il settore privato e alleanze europee più ampie e forti che permettano di ridurre i particolarismi nazionali.

Il messaggio di fondo è sempre lo stesso: occorre creare un complesso militare-industriale europeo che non sia solo militare, ma che colleghi tutti i settori importanti e maturi del ciclo capitalistico così come funziona oggi. Non c’è separazione tra civile e militare, tutto serve solo a vincere la battaglia nella competizione globale.

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