Lo scandalo della corruzione in Liguria mette alle strette il governo fascista della Meloni: nulla cambierà senza “mettere in discussione” il sistema

Mappa in rilievo della regione Liguria nella Repubblica Italiana. Grafica: Tschubby, CC BY-SA 3.0

Berlino, Germania (Weltexpress). Da oltre tre mesi l’Italia è nuovamente scossa da uno scandalo di corruzione che ha messo alle strette il primo ministro fascista Giorgia Meloni, al potere da due anni. Il personaggio chiave della vicenda, in cui è coinvolto un clan mafioso siciliano, è il presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, dell’alleato Forza Italia (FI). Il 7 maggio è stato arrestato per corruzione grave e falso insieme ad altre 9 persone e posto agli arresti domiciliari. Il 26 luglio ha impiegato 80 giorni per rassegnare le dimissioni da governatore della Liguria, sollecitate dalla stessa Meloni per limitare i danni e aprire la strada alle elezioni anticipate di ottobre.

In totale sono indagati 25 personaggi di alto livello politico e imprenditoriale. Secondo l’agenzia di stampa “ANSA”, la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 200.000 euro in contanti a casa del capo di gabinetto di Toti, Matteo Cozzani, accusato di aver organizzato l’acquisto di voti per l’elezione di Toti da parte della mafia. L’indagine ha rivelato contatti con un clan mafioso siciliano che sosteneva le attività a Genova. Secondo le indagini precedenti, la figura chiave del clan organizzato dalle persone coinvolte è Paolo Emilio Signorini, che, in qualità di amministratore delegato del Gruppo Iren, una grande multiutility del settore energetico che fornisce servizi nei settori dell’elettricità, dell’acqua, del gas e del teleriscaldamento, sedeva alle leve del potere come presidente dell’Autorità Portuale di Genova. La dirigenza irlandese ha sospeso il suo amministratore delegato dal suo incarico dopo che la notizia è stata resa nota. Toti avrebbe accettato da Signorini 74.000 euro da imprenditori legati a Cosa Nostra, tra gli altri. In cambio avrebbe dato loro vantaggi nell’assegnazione di concessioni per aree portuali a Genova, per i terminali di gas naturale liquefatto Rinfuse o per spazi pubblicitari, come la maxi insegna al neon sul grattacielo più alto di Genova, accettando in cambio tangenti che sono state utilizzate per comprare voti per la sua elezione. Ha ricevuto 195.000 euro dal gestore di discariche Pietro Colucci, al quale ha rilasciato finte concessioni per ulteriori aree di stoccaggio. L’imprenditore della logistica Aldo Spinelli, arrestato, ha accusato Toti di essere il motore del clan mafioso formato per comprare voti. Secondo l’“ANSA”, durante le indagini ha dichiarato di aver subito continue pressioni da parte di Toti. “Ogni volta che c’erano le elezioni, tutti mi chiedevano soldi, compreso Toti”. Durante l’interrogatorio della Procura, Toti ha negato tutte le accuse e ha affermato: “Ogni euro raccolto è stato destinato alla politica”.

Dopo che il nuovo scandalo è venuto alla luce, la rivista comunista “Contropiano” ne ha svelato le cause sul suo portale online e ha scritto: “Mentre si sprecano miliardi di denaro pubblico per favorire interessi clientelari e per costruire grandi opere inutili: dalla nuova diga foranea alla funivia che sta devastando l’area di Oregina e del Lagaccio, la popolazione della regione soffre di salari da fame, lavoro precario, sottoccupazione dilagante, frutto della deindustrializzazione dell’intera regione”. Le indagini che hanno portato alle dimissioni di Toti hanno rivelato la corruzione di un sistema basato sugli interessi personali e privati di una classe politica ed economica corrotta fino al midollo. Il 23 agosto, “Contropiampo” ha proseguito scrivendo: “Anche se un Toti viene rimosso, alcuni politici vengono sostituiti, alcuni potenti devono essere indagati, il sistema non cambierà. Per fermare questo sistema totalmente corrotto e mal governato, è necessaria una vera opposizione che organizzi la resistenza sociale”.

Il nuovo scandalo rivela, come ricordano gli esperti italiani, che il governo Meloni sta continuando ciò che era prassi comune sotto il primo ministro Giulio Andreotti. La mafia forniva voti alla Democrazia Cristiana (DC), per cui Andreotti “aggiustava” i processi in corso contro i mafiosi davanti alla Corte di Cassazione, facendo sì che gli imputati venissero assolti o che i processi venissero cancellati. Questo è emerso nel processo aperto contro Andreotti nella primavera del 1993 per complicità con la mafia, in cui è stato assolto in ultimo grado per una presunta “insufficienza di prove”, che ora non è esclusa anche nel caso Toti. Quanto all’ex alleato della Meloni, il defunto ex premier e leader di Forza Italia (FI) Silvio Berlusconi, il suo stretto collaboratore, il senatore Marcello Dell’Utri, è stato condannato in primo grado a sette anni di carcere nel 2012 per la presunta orchestrazione del “patto tra mafia e Berlusconi”. È emerso che un mafioso era ospitato nella villa milanese di Berlusconi ad Arcore travestito da sposo. Quando si scoprì che Berlusconi stava effettuando pagamenti per un totale di milioni alla mafia, egli affermò che i suoi figli erano stati minacciati e che era stato ricattato per pagare denaro per la protezione.

Previous articleL’Italia affronta l’“autunno caldo” – Sciopero generale contro la miseria in drammatico aumento – Oltre 5,7 milioni di persone vivono in povertà assoluta
Next articleHabeck in americano – La meravigliosa incompetenza del Segretario al Commercio statunitense

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

eighty six + = ninety two